L'autostrada scorreva davanti ai suoi occhi come un lungo nastro nero,non c' erano altre auto oltre alla sua e il paesaggio tutto uguale non favoriva di certo la concentrazione alla guida,così la sua mente vagava,ricordi di amori lontani e di sofferenze vicine si susseguivano senza collegamento alcuno mentre l'auto avanzava veloce verso la sua nuova vita. Poi lo vide,era dietro un cavalcavia ed era la cosa più bella e malinconica che avesse mai visto,una volta doveva essere un bel parco giochi,ma ora restavano solo giochi abbandonati e ruggine a giudicare dallo scivolo ormai corroso che spuntava oltre il cavalcavia. Perchè no? Si disse. Tanto non mi aspetta nessuno,posso passare e fare qualche foto... Così imboccò l'uscita,passo sotto allo stesso cavalcavia ed imbocco una sterrata che la condusse in un grande parcheggio con i posti auto segnati con i nomi delle città italiane,lei parcheggiò a Firenze e la coincidenza la fece sorridere,già Firenze,ma vista e sempre desiderata ed ora vi posteggiava l'auto. Lasciò perdere le coincidenze,prese la Nikon dal sedile del passeggero e scese.
Lo spettacolo che le si parò davanti era incredibile,c'era un scivolo ricoperto di ruggine e con la base completamente avvolta dai rampicanti,lo stesso che aveva visto dalla strada e che era,come diceva il cartellone pubblicitario,”lo scivolo più alto d' Europa”. Di fianco alla prima giostra due strade appena visibili sotto l'erba che le aveva colonizzate conducevano alle altre attrazioni,qualche cartello indicatore era ancora leggibile e vide “delfinario” sulla destra e “casa dei fantasmi” sulla sinistra,si diresse a destra,dopo una curva le si parò di fronte una sorta di Colosseo in miniatura,all'ingresso principale c'erano ancora le bancarelle con i pupazzi a forma di delfino segno evidente che il parco era stato chiuso con gli oggetti ancora all'interno. Dopo pochi metri un foglio con scritto “sequestro g” le chiarì il perchè,fece ancora qualche passo e si trovò di fronte una piscina gigantesca,l'odore che proveniva dall'acqua putrida che la riempiva le aggredì le narici e le riempì i polmoni facendola tossire,si portò una mano alla bocca per reprimere i conati ed avanzò,qualcosa di bianco incastrato in un angolo aveva attirato la sua attenzione,prese la macchina fotografica,azionò lo zoom e quello che vide la fece rabbrividire,non solo i delfini di peluches erano rimasti in quel posto,ma anche le loro copie viventi! Le scese una lacrima immaginando come dovevano essere morti quei poveri animali,si girò e stava per andarsene quando un edificio basso e quasi nascosto attirò la sua attenzione,sulla porta una semplice targhetta in metallo diceva “laboratorio”,non era chiusa,la spinse e si trovò in uno stanzone con il pavimento ricoperto di carte ormai sbiadite e frammenti di vetro,anche lì l'odore era insopportabile,quasi chimico,scattò qualche foto ed uscì subito all'aria aperta. La sua intenzione era di andarsene,stava diventando buio e le ultime cose viste non incoraggiavano certo un esplorazione più approfondita e fu proprio quando si diresse verso il parcheggio che la vide,era in basso,nascosta dalla vegetazione per quello non l'aveva notata all'andata,sembrava quasi un castello con due torrette ai lati,di forma rettangolare e con decine di finestre ad ogiva. L'ultimo punto le fu chiarito quando,dopo aver affrontato una ripida discesa in mezzo agli arbusti vide il cartello “La casa dalle mille finestre”,certo una parte del tetto era crollata e un albero vi cresceva nel mezzo,ma il lato sinistro sembrava intero e lei entrò. Si trovava all'inizio di un lungo corridoio su cui si aprivano diverse stanze ognuna di un colore diverso e con una finestra di forma diversa,pensò che doveva essere stata una casa degli orrori anche se non c'era nulla che lo facesse pensare,semplicemente le ricordava una di quelle attrazioni denominate così che si vedono spesso nei luna park quelle dove si veniva spaventati da manichini che simulavano più o meno esseri spaventosi,tuttavia lei non aveva paura di una vecchia casa degli orrori abbandonata gli orrori che aveva visto nella sua vita superavano di gran lunga qualsiasi invenzione umana. Nella prima stanza non c'era nulla,ne mobili ne altro,solo qualche ragnatela che pendeva tristemente dal soffitto,uscì ed entrò nella seconda,questa era di un azzurro intenso che dava quasi fastidio agli occhi,alla finestra c'erano delle tende di pizzo e,in un angolo,un piccolo scrittoio con una lampada accesa,sotto alla lampada un foglio di carta ed una penna sembrava aspettassero solo che qualcuno fosse preso dalla voglia di scrivere,cosa che non era di sicuro il suo caso,uscì. Le altre stanze erano più o meno nella condizione della prima,vuote eccezion fatta per le ragnatele e qualche topino che correva a nascondersi appena lei apriva la porta. Stava già uscendo quando decise di aprire l'unica porta chiusa del corridoio. Questa stanza era molto più grande delle altre,c'erano un caminetto e una poltrona e sulla poltrona era seduto qualcuno,lei pensò fosse un manichino,ma quando si avvicinò per fotografarlo il manichino si mosse,girò appena la testa nella sua direzione,ma fu sufficiente perchè lei riconoscesse il profilo...il SUO profilo,era assurdo,impossibile,lui non era lì era a centinaia di chilometri da lì,cosa avrebbe mai fatto lui in un posto del genere? Tuttavia si voltò ed iniziò a correre,in un attimo fu fuori dalla casa e diretta al parcheggio,il parcheggio Firenze,fu presa da un accesso di ilarità,la cosa era troppo assurda,le conveniva non raccontarla a nessuno,anzi non avrebbe nemmeno postato le foto sul suo sito web,le avrebbe semplicemente eliminate una volta giunta a destinazione e avrebbe cancellato tutto anche dalla sua memoria,era stanca di illudersi e le allucinazioni erano decisamente troppo! Salì in auto,lanciò la Nikon sul sedile e partì lasciandosi dietro solo una nuvola di polvere. Dopo qualche giro a vuoto trovò la rampa d'accesso all' autostrada e la imboccò,aveva appena iniziato a rilassarsi quando il cellulare squillò,lo prese,premette il tasto di risposta e se lo accostò all'orecchio,nemmeno il tempo di chiedere chi fosse che lo sentì,era LUI era la SUA voce,lei quella voce non l'aveva dimenticata,troppe emozioni erano legate ad essa per poterla dimenticare. Frenò,l'auto sbandò leggermente ed andò a fermarsi sulla corsia d'emergenza,tenne il telefono con entrambe le mani e chiuse gli occhi lasciando che quella voce la inondasse di ricordi e di emozioni.
“Ehi,cosa stai combinando? Non si guida così sai? Non parlare,non è il caso,ti possono sentire,ascoltami. Sei sempre la solita incazzosa,come stai? Voglio vederti,lo sai,vieni qui,vieni qui e parliamo”
Aveva aspettato quelle parole per un tempo infinito ed ora che le aveva sentite non riusciva a crederci,dovette guardare il telefonino per rendersi conto che si aveva davvero ricevuto una chiamata dal suo numero,le tremavano le mani,mise l'auto in marcia e partì sapeva dove doveva andare,ora conosceva la sua strada e la prese.
Il centro commerciale era illuminato a giorno,i suoni arrivavano attutiti fin sulla strada,l'ingresso del parcheggio scoperto era contornato da dei cumuli di neve,entrò senza rallentare e l'auto sbandò sul ghiaccio. Il posteggio era stranamente vuoto,decise di proseguire,non si fidava a percorrere la strada da sola,non dopo quello che aveva visto prima,ma più avanzava e più si rendeva conto che tutto il parcheggio era vuoto! Ad un certo punto scorse l'indicazione per il parcheggio coperto ed imboccò la rampa. I primi tre piani erano deserti,non un auto,non una persona,finalmente al quarto ed ultimo piano vide delle auto e si fermò di fianco ad una Corolla,non sapeva nemmeno lei perchè...forse perchè un giorno Lui le aveva detto di avere quel tipo di automobile o forse perchè era la più vicina alla strada d'uscita. Scese prese la macchina fotografica e la nascose nel bagagliaio,meglio non rischiare,il posto non era custodito e non sembrava nemmeno che ci fossero delle telecamere di sorveglianza,anzi,a ben vedere,era piuttosto sporco e dava l'impressione di non essere molto usato,mozziconi di sigarette erano abbandonati vicino al muro e alcune luci di cortesia erano spente,con la grata di protezione che pendeva tristemente su di un lato. Seguì i cartelli per l'uscita pedonale e rimase allibita quando se la trovò di fronte,non era una scala mobile infatti,ma una vecchia scala a chiocciola in ferro,di quelle che si vedono alle volte negli edifici costruiti negli anni trenta,eppure il centro commerciale era relativamente nuovo,di sicuro non risaliva a quell'epoca. Afferrò il corrimano decorato a motivi floreali e mise il piede sul primo gradino,la scala era molto stretta e in certi punti la ruggine aveva allargato i fori della grata con cui erano fatti i gradini.
”Non importa” si disse” Devo scendere comunque”.
Aveva sceso pochi gradini quando si accorse che il corrimano non era affatto solido come sembrava,ballava e si muoveva come se fosse solo appoggiato e non saldato come avrebbe dovuto essere. Ora si che l'inquietudine si stava trasformando in paura! Era lì da sola,quasi al buio e su di una scala che sembrava dover crollare da un momento all'altro! Forse le conveniva tornare all'auto ed uscire da lì,ma appena provò a risalire le sue paure si trasformarono in realtà,aveva appena poggiato un piede sul gradino che tutta la parte superiore della scala crollò,lasciandola praticamente appesa al corrimano che dondolava verso il pavimento tre piani più sotto. Fu solo con uno sforzo dettato dalla voglia di vivere che riuscì a spostare il peso del corpo verso il muro e a poggiare i piedi sulla scala,ora non le restava che scendere tenendosi al muro e sperare che la struttura reggesse almeno per il tempo che le serviva ad arrivare in fondo. Man mano che scendeva il corrimano sembrava più solido,certo in alcuni punti era staccato e pendeva inerte,ma in altri sembrava quasi nuovo. Dopo quello che le parve un eternità arrivò alla fine della scala,solo per trovarsi in una stanza vuota dove si apriva una porta arrugginita o,forse,dipinta di rosso,non riusciva a distinguerlo dato la scarsa illuminazione. Prese il cellulare pensando di chiamarlo e lo rimise in tasca,cosa gli avrebbe mai potuto dire? Ciao sono arrivata,tu dove sei? E se la chiamata di prima fosse stata solo una sua fantasia? Dopotutto non sarebbe stata nemmeno la prima volta che le sembrava di vederlo,o di sentirlo,certe volte aveva la sensazione che lui fosse nella stessa stanza,altre che le stesse addirittura sfiorando una spalla. Probabilmente avevano ragione le sue amiche,aveva urgentemente bisogno di uno psichiatra e di uno bravo per giunta...ma non era colpa sua se era cresciuta con la convinzione che tutte le persone si conoscono per una ragione e che l'anime si legano tra di loro in modo indissolubile alle volte.
Allungò la mano,trovò la maniglia e la girò,venne investita da una folata d'aria gelida e si ritrovò in una strada a senso unico,sulla destra c'era il muro del parcheggio,alto e in mattoni rossi,era coperto da vecchi cartelloni che pubblicizzavano le varie iniziative del centro commerciale. Alcune persone le passarono accanto senza quasi vederla,una coppia con un bambino piccolo la sfiorò passando,chissà perchè,ma le sembrò di riconoscere l'uomo. Ci stava ancora pensando quando il cellulare squillò di nuovo,lo prese e quasi le cadde di mano,era Lui...era il Suo numero,rispose con le mani che tremavano.
“Ehi ciao! Sei arrivata,bene,vieni verso la vasca dei delfini,segui la strada,che sono qui che ti aspetto”
Ancora delfini,del resto il centro commerciale era famoso per avere una vasca con dei delfini all'ingresso. Seguì la strada che ora era piena di persone,dopo una curva ecco la parete di vetro con i grossi pesci impegnati nelle loro evoluzioni ed ecco lui...era lì ed era vero,la salutava con la mano e rideva,lei si avvicinò,non sapeva che dire,riusciva solo a guardarlo fisso negli occhi,lui allungò una mano a prendere la sua e si mischiarono nella folla,diretti all'ingresso.